Volendo parlare di giovani e meno giovani che cercano di entrare tra gli artigiani delle nuvole (per rubare una felice espressione di uno che ho aiutato io a farsi strada, Mirko Perniola) comincerò da coloro che ambiscono a scrivere storie, rimandando a un prossimo futuro il proseguo dell'argomento su chi le storie vorrebbe disegnarle.
La categoria degli aspiranti sceneggiatori mi sta particolarmente a cuore perché, circa un quarto di secolo fa, ne facevo parte anch'io. Fu nel 1987 che presentai a Sergio Bonelli il mio primo soggetto per Zagor: nel mio caso, servirono due anni (e tre successivi invii di proposte) prima che la Casa editrice mi desse l'OK su una storia che Decio Canzio (a cui va la mia eterna gratitudine) trovò abbastanza promettente da mettermi alla prova.
Moreno Burattini (a sinistra) con Sergio Bonelli (al centro) nel giugno 1989.
Erano però altri tempi, in cui gli spazi per un giovane dotato di un minimo di talento poteva trovare, da qualche parte, un pertugio per entrare nell'ambiente. In quegli stessi anni mi capitò addirittura di trovarmi a collaborare anche con Francesco Coniglio per la rivista "Mostri" (con tanto di proposta per andare a lavorare da lui in redazione, a Roma) e con Silver per "Cattivik" e "Lupo Alberto". Poco dopo ricevetti anche una telefonata dall' "Intrepido" (che non avevo neppure contattato) con la richiesta di scrivere per loro (feci una sola storia, disegnata peraltro dallo zagoriano Roberto Piere). Insomma, c'erano tanti editori, tante testate e tanto pubblico (almeno rispetto ad adesso).
I tempi, purtroppo, sono decisamente cambiati, ovviamente in peggio. Oggi, mi trovo a ricevere io, praticamente ogni settimana, dei soggetti da esaminare da parte di gente che coltiva il mio stesso sogno di allora. E so che sarà quasi impossibile per chi mi invia le sue proposte trovare lavoro, soprattutto se le idee riguardano Zagor. Cerco di dare comunque a tutti delle indicazioni, e se ci sono degli autori in cui riconosco del talento li dirotto verso i curatori di altre testate che siano nelle loro corde. E' il caso, per esempio, dello scrittore horror Samuel Marolla, che secondo me è lo Stephen King italiano, autore di una raccolta di racconti pubblicati da Mondadori con il titolo "Malarazza", di cui ho caldeggiato la messa alla prova da parte di Boselli per Dampyr, e che è arrivato alla sua terza storia di Harlan Draka.
Vorrei però spiegare, con sofferenza, perché chi sottopone dei soggetti per Zagor è costretto ad attendere tanto prima di una risposta e perché è così difficile che i progetti presentati arrivino in edicola. Comincerò col dire che, allo stato attuale delle cose in data odierna, ho qui davanti a me una cartella colma di soggetti di aspiranti sceneggiatori, tutti da leggere (molti altri ne ho evasi negli scorsi mesi). In molti casi si tratta di testi abbastanza lunghi, di circa dieci cartelle, ma talvolta ne ho dovuti esaminare alcuni anche delle dimensioni di autentici romanzi (ne ricordo uno, in particolare, che di cartelle ne contava settanta). Potete facilmente capire come cimentarsi nella lettura di un plot cercando di comprenderne bene lo svolgimento in modo da poter poi riferire all'autore un giudizio fondato, non sia esattamente rilassante. Servono, come minimo, tempo, pazienza, concentrazione e anche, last but not least, lungimiranza.
Le difficoltà nella disamina dei soggetti sono state perfettamente descritte da Sergio Bonelli in persona in una sua "Postaaa!" su Zagor, pubblicata nell'albo del dicembre 2006. Poiché spesso allego alle mie risposte una fotocopia della pagina di quella rubrica, ve la faccio leggere in modo da poterla commentare insieme. Dunque, scrive Bonelli a pagina 4 dell'albo Zenith 548:
"Cari amici, dando uno sguardo alle lettere ricevute nelle ultime settimane che giacciono sulla mia scrivania, mi è capitato di constatare ancora una volta come, per uno strano caso della vita, man mano che i lettori di fumetti diminuiscono a vista d'occhio, aumentano viceversa gli aspiranti autori. Molti sono infatti quelli che scrivono proponendosi quali disegnatori o sceneggiatori per gli albi della nostra Casa editrice. Coloro che sottopongono alla mia attenzione i propri disegni sono, in genere, piuttosto bravi: alcuni, addirittura eccellenti. Del resto, viviamo nella società dell'immagine e dunque i giovani illustratori sono particolarmente stimolati a visualizzare graficamente ciò che intendono esprimere. Purtroppo, il mercato del fumetto consente sbocchi professionali soltanto per una piccolissima parte di quanti si propongono a me o ad altri editori. Tuttavia, valutare il talento di un giovane disegnatore è un compito che un professionista riesce fare con un semplice colpo d'occhio: si vede subito, al di là degli aggiustamenti che si possono suggerire, se una tavola funziona o non funziona. Diverso è invece il caso per chi propone soggetti e sceneggiature. Esaminare un testo scritto, talvolta composto da molte pagine, richiede infatti del tempo, se davvero si vuole (come noi vorremmo) dare ogni volta un giudizio ponderato e approfondito. E il tempo è proprio ciò che manca ai redattori impegnati a rispettare il rigido calendario di scadenze imposto dalle date di uscita degli albi in edicola. Per questo, chi invia i suoi testi alla nostra attenzione deve armarsi di santa pazienza: i soggetti che giungono in gran numero alla nostra attenzione vengono letti durante i rarissimi momenti liberi concessi dal lavoro redazionale, e dunque l'attesa è piuttosto lunga. Constatando quanti siano le proposte di storie che riceviamo, a volte penso che sarebbe opportuno rispondere a tutti con una specie di 'lettera circolare' in cui si avvisa, come è vero, che il nostro staff è al completo. Però, subito dopo, mi auto convinco che se imponessimo uno stop generalizzato all'esame degli aspiranti sceneggiatori non avremmo più la possibilità di scoprire autori di talento come Paola Barbato, Pasquale Ruju o, per citare due zagoriani, Diego Cajelli e Jacopo Rauch. Dunque, sia pure con fatica, proseguiamo con la lettura. Tuttavia, anche nel caso trovassimo ben costruita la trama di un racconto (e di solito è assai meno facile trovare chi scrive bene rispetto a chi bene disegna), e potessimo stabilire che non è ispirata troppo da vicino da film o romanzi, resterebbe il dubbio circa la capacità dell'autore di eseguire anche una sceneggiatura: la stesura di un buon soggetto non sottintende, purtroppo, anche una automatica abilità nello sceneggiare. La difficoltà di 'tradurre in immagini' è infatti lo scoglio su cui sono naufragati spesso anche romanzieri piuttosto famosi che hanno voluto cimentarsi nell'impresa. Sulle pagine di Zagor si stanno alternando da tempo, come avrete notato, numerosi sceneggiatori (a testimonianza della nostra volontà di dare spazio a nuovi talenti), ma appunto questo avvicendamento dimostra che anche nello staff dello Spirito con la Scure i margini per nuovi inserimenti sono praticamente inesistenti. Non mi sento dunque di incoraggiare nessuno: viviamo in un periodo pieno di incertezza in cui perfino molti 'fumettari' professionisti stentano a trovare lavoro. Vero è che chi vuol scrivere fumetti non pensa a un 'mestiere' praticato tanto per sbarcare il lunario, ma è mosso dalla passione, e dunque dal cuore. E al cuore, come si sa, non si comanda".
Mi pare che Sergio abbia detto tutto e si sia, come al solito, spiegato molto bene. Mi preme, però, aggiungere le mie "giustificazioni" di carattere personale, dato che mi sento sempre in colpa ogni volta che sono costretto a ripetere le mie scuse per i tempi di attesa a cui talvolta costringo chi si rivolge a me inviando dei soggetti, e purtroppo mi accorgo di doverlo fare spesso. Tuttavia, spero sempre che i miei interlocutori riescano a capire qual è il problema e si accorgano che non è del tutto colpa mia. Forse, in ogni redazione servirebbe qualcuno che si occupasse di seguire gli aspiranti sceneggiatori e filtrasse i più meritevoli.
Sono solo a occuparmi di Zagor lavorando part-time e avendo l'incarico di mandare puntualmente in edicola dodici numeri mensili, due maxi semestrali (che valgono ognuno come tre regolari, quanto a mole), uno speciale (che ne vale due), uno Zagorone (che ne vale due e mezzo) e un Almanacco. In pratica, è come se Zagor fosse quindicinale, e ci sono ogni mese circa duecento tavole da seguire dalla fase del soggetto a quella delle rifiniture attorno ai balloon letterati. Già, perché alla lettura dei testi degli aspiranti devo preporre quella dei plot degli abituali collaboratori, con i quali discuto ogni passaggio e ai quali chiedo modifiche o riscritture.
Per non parlare poi di tutta l'attività redazionale legata alla correzione delle bozze, la scrittura dei testi di accompagnamento degli albi, la promozione sul sito Bonelli, i contatti con la stampa e con il comicdom, la preparazione di conferenze e mostre in Italia e all'estero. E' chiaro che quando manca il tempo perfino per rispettare le consegne in stampa, è difficile trovarlo per esaminare i testi degli aspiranti autori che giacciono sulla mia scrivania, tenendo conto del fatto che ogni volta che leggo una proposta poi ci tengo a essere esaustivo nella risposta, perché chi ha faticato tanto per elaborare un progetto si merita che le obiezioni siano quanto meno circostanziate. Chi riceve le mie repliche sa che sono testi talvolta più lunghi del soggetto stesso. Sarebbe facile, per me, liberarmi dei soggetti giacenti scrivendo una circolare di rifiuto. Invece, preferisco far attendere gli interlocutori, ma valutare bene il lavoro di ciascuno.
E' logico che cercare delle buone storie è il compito principale di un editore, il quale viene premiato dai lettori solo se ne propone; però, è anche vero che il giovane sceneggiatore dovrebbe proporre soggetti così geniali e così particolari da poter competere con le idee di quelli che già fanno parte dello staff: se la storia proposta raccontasse di una banda di trafficanti d'armi e di mercanti di whisky, credo che qualunque dei collaudati professionisti di cui disponiamo sarebbe in grado di imbastire una trama del genere. Al tempo stesso, però, se il giovane in questione eccedesse in originalità e proponesse un'avventura in cui lo Spirito con la Scure viaggia nel futuro e uccide Hitler, credo che il nostro editore avrebbe qualcosa da obiettare. Comunque la si metta, son cipolle (come avrebbe detto mio nonno). L'esempio di Hitler non è peregrino: uno dei problemi degli aspiranti sceneggiatori è la scarsa conoscenza dell'ortodossia zagoriana e persino dei classici di Nolitta & Ferri (di cui del resto non esistono edizioni disponibili, essendo da tempo esaurite tutte le ristampe). Non è passato molto tempo da quando ho letto un soggetto in cui si proponeva una storia con un archeologo folle che, con l'aiuto di pellerossa costretti a lavorare come schiavi controllati a vista da guerrieri sul dorso di dromedari, costruiva una piramide egizia in una zona desertica di Darkwood, e l'autore sembrava molto contento di aver avuto un'idea così originale.
Un altro volenteroso ha proposto tempo fa una storia ambientata in giro per l'Europa ottocentesca, in ben sette albi (un vero record anche per una serie che di solito pubblica avventure abbastanza lunghe, come Zagor) raccontata in un numero spropositato di cartelle dattiloscritte. Ora, quando si confeziona un soggetto per una Casa editrice di fumetti si deve cercare di essere essenziali e stringati, perché chi lo esamina possa capire subito qual è la proposta nelle sue linee portanti. Un soggetto con la lunghezza di un vero e proprio romanzo breve, è davvero troppo ponderoso. Inoltre, la prima proposta di un aspirante autore non potrà mai riguardare una storia di addirittura sette albi, che preveda per giunta un viaggio di Zagor in Europa e il ritorno di personaggi epocali come il barone Rakosi e Supermike. Questo perché, per quanto possa trattarsi di buone idee, l'aspirante autore deve ancora essere testato e messo alla prova nella sua professionalità. Non si potrebbe affidare la gestione di certi supernemici e le sorti della serie per un lungo periodo a qualcuno le cui capacità non siano state almeno un po' verificate. Aver avuto un'idea, anche brillante, non significa inoltre che poi la stessa persona, mai messa alla prova precedentemente, sia anche in grado di sceneggiare in modo professionale una storia. Non è mai sufficiente stendere un soggetto convincente per garantire la propria capacità di raccontare una storia in sceneggiatura e farlo in maniera zagoriana (una prova, questa, su cui anche molti nomi illustri sono caduti).
Che devono fare, dunque, i giovani autori? Verrebbe voglia di dire che sarebbe meglio se provassero a scrivere per la TV, per i videogiochi, per i cartoni animati, per il web. Ma se proprio uno ha il sacro fuoco dentro, deve avere buon senso, molta pazienza, un minimo di intraprendenza telefonando ogni tanto per sollecitare le risposte che non arrivano ma non farsi illusioni, rendersi conto che uno su mille ce la fa, e perdonare i poveri curatori di testata che fanno attendere dei mesi prima di dare una risposta.
Il senso della cosa è cercare di non illudere coloro che, e sono tanti, credono che fare gli autori di fumetti sia un mestiere facile e alla portata di chiunque, magari in grado di rendere ricchi e famosi come il protagonista del terrificante racconto di Giorgio Faletti "Una gomma e una matita" (e terrificante non va inteso in senso positivo, ovviamente, nonostante il carattere horror della novella). E' importante che chi (come me, del resto) ha sempre sognato di scrivere sceneggiature o realizzare tavole si renda conto dei problemi da superare, dovuti non solo alla necessità di avere e saper dimostrare più talento degli altri ma anche alle gravi difficoltà del mercato, che restringono inesorabilmente gli spazi attorno agli autori (non soltanto agli aspiranti tali ma, sempre più spesso, anche ai navigati professionisti).
Arrivano anche sul mio tavolo, a volte, proposte chiaramente velleitarie da parte di alcuni che non sono all'altezza (certi avrebbero soltanto bisogno di gavetta e allenamento, per altri non ci sono proprio speranze), ma talora mi viene da pensare che se fossimo ancora negli anni Settanta o magari nei Novanta quel tale autore potrebbe già lavorare, se non in Bonelli magari per Barbieri o la Universo, per il Corriere dei Ragazzi o per il Giornalino.
Oggi è tutto molto ma molto più difficile, almeno per il fumetto da edicola come lo concepiamo in Italia. Forse è più facile (o meno difficile) trovare lavoro sul web, o nello sviluppo di videogiochi, o nella sceneggiatura di telefilm o cartoni animati (in realtà non ne ho la minima idea: una volta mi hanno contattato per scrivere un plot per un videogioco e ho rifiutato perché a ciascuno il suo mestiere, non giocando mai alla playstation non sarei mai riuscito a dominare il codice espressivo di un medium per me alieno). Cercare di mettere in guardia gli aspiranti autori sulle gravi difficoltà che li attendono non è, come a volte ho sentito dire, voler chiudere le porte della torre eburnea bonelliana (anche perché le difficoltà sono le stesse, se non maggiori, in casa Disney o in quella dei Paolini): è consentire a tutti di studiare i passaggi da superare durante una scalata free climbing su una parete verticale di grado nove.
Ho già ricordato in un post del mio blog come Marolla si sia presentato in Bonelli proponendo dei soggetti per Zagor decisamente horror e innovativi. Sono stato io il primo ad avere la ventura di leggere qualcosa di suo e ho percepito immediatamente del talento in ciò che scriveva. Ho sottoposto i suoi testi a Mauro Boselli, che si è assunto l'onere di fargli da mentore e sia pure lungo un percorso a ostacoli Samuel è arrivato a vedere il suo primo albo in edicola.
Le strade da percorrere per arrivare a pubbicare qualcosa, per quanto tutte in salita, possono essere tante e a volte ce ne possono essere alcune insperate o poco battute che portano là dove non ci si aspetta. Tuttavia io ho esposto i problemi, dato che sarebbe inutile o peggio dannoso far finta che non esistano, e dunque è meglio partire preparati. A volte temo che le scuole di fumetto non offrano in quadro realistico delle difficoltà, e soprattutto mi pare che ci dovrebbero essere scuole anche per insegnare a diventare editori (ma la cultura dell'imprenditorialità non è proprio diffusissima nel nostro Paese). In ogni caso, ci sono comunque editori a cui proporsi, anche al di là di Bonelli, dalle Paoline alla Panini, dalla BD alla Star, dall'Eura all'Astorina e via dicendo. Poi c'è il mercato estero. Infine, ci sono quelli che si inventano appunto editori come nel caso di Andrea Bacci e di "Lady Viola".
Moreno Burattini