La prosa, dove la parola domina.
Il fumetto, che quando è ben fatto dovrebbe essere comprensibili anche senza leggere i testi nei balloon.
Un linguaggio fatto di frasi e uno in cui domina l’immagine.
L’adattamento da un testo letterario alle tavole a fumetti rappresenta quindi una sfida piena di insidie ma anche di stimoli: quanto è importante mantenere dell’opera originale? Quanto è utile tradire? Dove troviamo, nello scritto, gli input per trasformare in immagine ciò che è descrizione? Come rendere dinamiche lunghe scene di dialogo? Come ideare i personaggi dalle descrizioni presenti? Come ricostruire gli ambienti quando i riferimenti non sono sufficienti? Come stare in un numero di tavole dato dall’editore quando il testo originale si presenta troppo lungo o troppo corto? Quali eventi scegliere nel caso di un adattamento in un numero relativo di tavole? Cosa è lecito aggiungere che non è presente nel brano in prosa?
Bene, un giorno, magari, quando avrò tempo (non in questa vita, quindi), proverò a rispondere nel dettaglio a tutte queste domande. Per il momento, per questo spazio on line, farò un rapido excursus con esempio per chiarire sulla base della mia esperienza alcune delle scelte da me fatte. Lavoro da qualche anno, infatti, agli adattamenti di “Don Camillo”, realizzati in collaborazione con gli eredi di Giovannino Guareschi, e di “Padre Brown”, con la riproposizione in vignette dei racconti realizzati da Gilbert Keith Chesterton.
Mi concentrerò sulla prima delle due serie, che seguo da più tempo. Si tratta dell’adattamento dei racconti di Giovannino Guareschi (1908-1968) con protagonisti don Camillo e Peppone, scritti fra 1946 e 1966.
Pur nel totale rispetto dei racconti, di comune accordo con l’editore e con i disegnatori coinvolti, ho cercato di dare un taglio moderno alla narrazione e di utilizzare il mezzo fumettistico in tutte le sue potenzialità.
Taglio moderno non significa costruzione ardita della tavola (che al contrario è stata mantenuta molto regolare per favorire i lettori non avvezzi a questo linguaggio), bensì utilizzo di flashback, flashforward, immaginato; libertà nel ricostruire le linee temporali e i luoghi e nell’accorciare i brillanti dialoghi di Guareschi che in prosa e al cinema funzionano perfettamente, ma in un fumetto risulterebbero sovrabbondanti.
Per comprendere al meglio le possibilità di trattamento, analizziamo alcuni stralci dall’adattamento di Scuola serale, il sesto dei quasi trecentocinquanta racconti guareschiani. Il testo originale occupa cinque cartelle, suddivise in due tronconi più o meno di egual lunghezza. Nella prima parte, leggiamo del neosindaco Peppone e della sua giunta che, una sera, si recano dalla signora Cristina, la loro vecchia maestra ormai in pensione, chiedendole ripetizioni per poter fare adeguatamente fronte agli atti richiesti dall’attività politica. Ecco come comincia il racconto:
La squadra degli uomini intabarrati prese cauta la via dei campi ed era buio profondo, ma tutti conoscevano quella terra zolla per zolla e marciavano sicuri. Arrivarono dietro una piccola casa isolata, fuori dal paese mezzo miglio, e scavalcarono la siepe dell’orto.
Attraverso le gelosie di una finestra del primo piano filtrava un po’ di luce. “Andiamo bene” sussurrò Peppone che aveva il comando della piccola spedizione.
“È ancora alzata. Il colpo è riuscito. Bussa tu, Spiccio.”
Uno alto e ossuto dalla faccia decisa si avanzò e bussò un paio di colpi alla porta.
“Chi è?” disse dal di dentro una voce.
“Scartazzini” rispose l’uomo.
Di lì a poco la porta si aperse e apparve una vecchia piccola coi capelli bianchi come la neve, e reggeva in mano una lucernetta. Gli altri uscirono dall’ombra e vennero davanti alla porta. “
Chi è tutta quella gente?” chiese la vecchia sospettosa.
“Sono con me” spiegò lo Spiccio. “Tutti amici. Dobbiamo parlarle di cose importanti.”
Entrarono tutt’e dieci in una saletta pulita e ristettero muti, accigliati e intabarrati davanti al tavolino al quale la vecchia era andata a sedersi.
La vecchia inforcò gli occhiali e guardò le facce che spuntavano dai tabarri neri.
“Mmm!” borbottò.
Li conosceva tutti a memoria, dal principio alla fine, quei tipi. La vecchia aveva ottantasei anni e aveva cominciato a insegnare l’abbiccì in paese quando ancora l’abbiccì era roba da grande città. Aveva insegnato ai padri, ai figli e ai figli dei figli. Aveva pestato bacchettate sulle zucche più importanti del paese. Da un pezzo s’era ritirata dall’insegnamento e viveva sola in quella remota casetta, ma avrebbe potuto lasciare spalancate le porte perché “la signora Cristina” era un monumento nazionale e nessuno avrebbe osato toccarle un dito.
Si tratta di una cartella di testo, quindi un quinto dell’intero racconto. La stessa scena, nell’adattamento a fumetti, occupa oltre un quarto dell’intera storia: questo serve a dare il giusto spazio alla presentazione degli ambienti e dei personaggi.
Le sempre efficaci descrizioni guareschiane si trasformano, nella prima tavola, in cinque vignette di cui solo una riporta del testo, lasciando quindi l’introduzione del contesto e del personaggio principale ai soli disegni di Elena Pianta. Se nel racconto è subito esplicitato chi sono i personaggi che si recano dalla maestra, nella storia a fumetti si è deciso di giocare sul mistero, mostrando nella tavola 1 delle ombre minacciose. L’intero racconto è giocato su un parallelo tra il presente e il passato mostrato in flashback attraverso un montaggio alternato. Nella seconda tavola sono ancora le immagini a prevalere sul testo (quattro sintetici balloon su sette vignette). Se nel racconto viene subito dichiarato che Peppone fa parte della compagine, nel fumetto si è deciso di tenerlo come elemento sorpresa, che viene svelato al lettore solo alla fine della sesta tavola.
Un altro passaggio importante del racconto originale è quello che chiude la prima metà, cioè quello dell’incontro/scontro tra la maestra e Peppone, che Guareschi racconta così:
“Tu vattene!” disse con voce dura.
Lo Spiccio tentò di dire qualcosa, ma la signora Cristina scosse il
capo.
“In casa mia Peppone non deve neanche entrarci in fotografia!”
esclamò. “Troppe me ne hai fatte, giovanotto. Troppe e troppo grosse!
Fuori e non farti più vedere!”
Lo Spiccio allargò le braccia desolato: “Signora Cristina, ma come
si fa? Peppone è il sindaco!”
La signora Cristina si alzò e brandì minacciosa una lunga bacchetta.
“Sindaco o non sindaco, via di qui o ti do tante bacchettate che ti
pelo la zucca.”
Peppone si alzò.
“Ve l’avevo detto?” borbottò uscendo. “Troppe ne ho fatte.”
“E ricordati che qui dentro non ci metti più piede neanche se tu diventassi
ministro dell’Istruzione!” lo minacciò la signora Cristina,
rimettendosi a sedere. “Asino!”
Nella storia a fumetti questa scena è condensata nella sesta tavola. Ma anziché riproporre le varie battute di dialogo, si è scelto di raccontare i sentimenti della maestra e il carattere di Peppone bambino attraverso un flashback che non compare nel racconto originale ma che è del tutto verosimile.
Nel flashback la maestra Cristina scruta gli alunni per capire chi di loro abbia introdotto in classe una biscia. Nel presente, a casa sua, cerca di capire chi si nasconda nell’ombra, protetto da Scartazzini e gli altri. Ecco la sceneggiatura della tavola che potete vedere nell’immagine 5 di p. 115 e che contiene solo due (ineluttabili) parole.
Tavola 6
1/2) Vignetta orizzontale. La maestra, con il lume in mano, passa in rassegna uno a uno gli uomini nella stanza, con aria sospettosa.
3/4) Flashback. Vignetta orizzontale che ripropone la stessa inquadratura della precedente, gli stessi personaggi, ma trentanove anni prima. La maestra, dopo l’episodio della biscia, osserva indagatrice gli alunni uno a uno alla ricerca del responsabile di quella bravata.
5) Flashback. In fondo all’aula c’è il giovane Peppone, che guarda il contenuto di un sacchetto di stoffa, con la lingua di fuori per la concentrazione. Non si è quindi minimamente accorto dell’indagine in corso da parte della maestra Cristina.
Onomatopea: FRUSH FRUSH
6) Flashback. Vignetta più grande della precedente. Un orgogliosissimo Peppone apre il sacchetto da cui fuoriescono una decina di bisce dal collare.
7/8) Presente. Vignetta doppia. La signora Cristina addita Peppone, che era in fondo al gruppo, un po’ nascosto. Con l’altra mano indica la porta, severissima. Peppone rimane senza parole.
Maestra Cristina: Tu, vattene!
Se volete leggere il racconto originale per intero, Giovannino Guareschi, Scuola serale in Tutto don Camillo – Mondo piccolo, Volume I, a cura di Alberto e Carlotta Guareschi, BUR, 2008.
L’adattamento a fumetti, disegnato da Elena Pianta, lo trovate invece in Don Camillo a fumetti volume 1 – Il capobanda piovuto dal cielo, appena ristampato da ReNoir Comics e quindi di nuovo disponibile in libreria.
In allegato all'articolo, a fondo pagina, in pdf le tavole della sceneggiatura del tutorial in questione.
Davide Barzi