Come nel disegno, non esiste un metodo universalmente indicato per scrivere una sceneggiatura. È un dato di fatto, non sono il primo ad affermarlo. Si può arrivare al prodotto finale partendo da alcuni schizzi, da uno storyboard o iniziando a scrivere direttamente scena per scena. Ognuno acquisisce un sistema di lavoro proprio, maturando esperienza dopo esperienza.
Lavoro con la scrittura da parecchi anni. Scrivo per Fantasy Magazine (Delos Books) dal 2006, ho collaborato per diverse testate online e cartacee, ho pubblicato racconti in antologie fantasy e su riviste e nel 2012 è uscito il mio primo romanzo, "Dark Rock Chronicles" (Plesio Editore), successivamente uscito anche sul mercato estero nel 2013 per l’editore londinese Diego Comics Publishing. L’approccio con la sceneggiatura è tuttavia recente. Volendo sperimentare e realizzare fumetti ho iniziato a scrivere utilizzando come mezzo la sceneggiatura. Lo faccio da circa un anno e mezzo.
Non ho ancora sviluppato un metodo, anche se seguo degli step più o meno fissi/obbligati per arrivare al prodotto finale. Realizzare una sceneggiatura di una storia che successivamente dovrò trasformare io stesso in vignette vuol dire ridurre la parte scritta del progetto; in questo caso inizio a sceneggiare dal momento in cui realizzo i primi schizzi su carta, attraverso degli storyboard.
Nella fase di storyboard inizio a rappresentare tavole e vignette letteralmente scarabocchiando. Inserisco subito i balloon, così da rendermi conto quale ingombro avranno nello spazio della vignetta ed equilibrare di conseguenza i disegni. Realizzo storyboard minuscoli; l’importante è concentrare l’attenzione sul ritmo della storia, scegliendo quindi le inquadrature e la gabbia. Appena sotto questi schizzi – oltre a stendere i primi dialoghi – tendo a riportare appunti da utilizzare nelle fasi successive. È divertente e meraviglioso fare storyboard. Non devo preoccuparmi di essere preciso, devo solo raccontare.
Terminati gli storyboard scelgo quelli che mi convincono di più e inizio a riformulare tutto disegnando su un formato leggermente più grande. In questa fase cerco di essere più preciso, studio meglio le prospettive e le posture dei personaggi, in più inserisco altri dettagli e scelgo cosa dovrà essere riportato sulle tavole definitive.
Finalmente inizio a disegnare. Per me è la fase più complessa. Non avendo ancora la mano sciolta fatico parecchio. Studio ogni posa, ogni linea, provando a essere al contempo sintetico ed efficace. Insomma, una faticaccia! E mentre sono all’opera cerco di ricordare a me stesso che lo sto facendo prima di tutto per piacere (e per imparare).
Bene, quando ho tutte le matite pronte e pulite passo all’inchiostrazione. Anche qui tanta fatica ed esercizio. Infine passo allo scanner per il lettering digitale.
Quando invece non sono io a disegnare procedo in altro modo. Scrivo, perlopiù, anche se mi è capitato di iniziare sempre dagli storyboard, traducendoli solo dopo in sceneggiatura; è il metodo più veloce per capire come impostare l’intera tavola. Nell’ultima storia che ho scritto invece non ho fatto storyboard.
In uno degli ultimi progetti a cui sto lavorando sono solo sceneggiatore. Ho utilizzato un vecchio soggetto di un romanzo per adattarlo a fumetti. Mi piaceva l’idea di vedere la storia narrata per immagini. Sono partito da qui... o, meglio, "siamo"! Sto condividendo il lavoro con Alessandro Marra, giovane disegnatore con grandi potenzialità. Mi piace il suo stile e l’ho trovato adatto ai miei personaggi.
Scrivere per un altro artista ovviamente è diverso che scrivere per se stessi. Cerco di non complicare la vita al disegnatore, anche se evidentemente non posso ridurre tutto quanto all’osso. Prima di iniziare a sceneggiare c’è tutto un lavoro di pianificazione, fatto di idee, soggetto, scalette e schede dei personaggi. Con la scrittura me la cavo un po’ di più che con le matite (ma mi piacerebbe migliorare anche nel disegno!)
Avendo finora raccontato storie sottoforma di romanzi e racconti pensare alla sceneggiatura è totalmente diverso, sia da un punto di vista emotivo che tecnico. Nella scrittura creativa ci si rivolge direttamente al lettore, mentre nella sceneggiatura – tipologia prettamente tecnica – ci si rivolge soprattutto a chi dovrà trasformare le parole in immagini. Già solo queste differenze cambiano le carte in tavola. Trovo comunque indispensabile non escludere totalmente il lettore mentre sceneggio, nel senso che nei dialoghi – la parte meno tecnica del lavoro – rifletto sulle possibili reazioni di chi andrà a leggere la storia. Se un dialogo non mi piace, o è troppo lungo e/o articolato, lo studio al meglio fino a quando non mi convince.
Descrivere invece una scena al disegnatore è uno dei compiti più delicati. Prediligo la sintesi. In quanto ai dettagli credo di essere minuzioso quanto basta; desidero che il disegnatore si esprima liberamente così come io faccio con le parole. Discorso che dipende comunque dalla vignetta e dall’inquadratura. Se devo fare delle scelte precise, allora tendo a scrivere più accuratamente, spiegando nel dettaglio pose, prospettive e inserendo piccoli utili dettagli al fine di favorire la comprensione sia di chi disegna sia di chi andrà a leggere.
Nel caso del progetto che sto portando avanti con Alessandro ho la possibilità di modificare qualcosa anche dopo la fase delle matite. Una volta sul foglio le scene prendono forma ed è più facile capire dove eventualmente intervenire.
In linea generale è questo il mio metodo, ma non escludo approcci differenti, per sperimentare. Sceneggiare mi piace e grazie alle esperienze e all’esercizio continuo a migliorarmi, a capire certi meccanismi e a guardare film, serie tv e leggere libri e fumetti con occhio critico, riflettendo sulle scelte dei grandi maestri e imparando da loro. Capita così di continuare a scrivere (o disegnare) anche quando non sono materialmente alla scrivania, prendendo appunti mentali se guardo un film di Tarantino, se spalanco gli occhi su un disegno di Craig Thompson o se mi commuovo guardando le creazioni Disney/Pixar.
Un caro saluto a tutti, e grazie allo Staff di IMIM per avermi contattato e per lo spazio concesso.
Marco Guadalupi