Sia chiaro che…
Quello che vado dicendo in queste mie riflessioni sull’arte di fare satira grafica - altresì nominabili “confessioni di un cartoonist” - sono frutto di opinione personale, ma anche di 35 anni di pratica e analisi critica del mestiere. E quindi possono essere accettate o rigettate. Come ogni cosa. Intanto io vado avanti ;-)
I generi, dicevo…
Non è facile distinguere i generi nel campo della satira (vignette o strip) anche perché spesso un genere deborda nell’altro. Però, in linea di massima, possiamo dividere in:
- satira politica
- satira etico-sociale
- satira di costume
- comica tout court (argomenti del momento come sport, il tempo, san Valentino e chi più ne ha più ne metta)
- religiosa (Altan nel suo mitico Francesco… che è un fumetto)
- casi non ben classificabili come Peanuts di Schulz e altri
- satira attraverso fumetti veri e propri, brevi storie ma di un certo respiro, soprattutto su testi autobiografici di autori attuali, molti nel web
- e si potrebbe andare avanti, col piacere di vivisezionare… dopo una attenta anestesia delle parti ;-)
Non è che mi sto a porre il problema: a quale classe di queste apparterrà la mia vignetta nel momento che mi accingo a lavorarci. Ma dato che mi sono messo in testa di rifletterci sopra, vado cercando di sezionare il mio cervello e il mio lavoro per portare avanti onestamente il discorso.
Quindi, in questo elenco non ho seguito un ordine logico, ma casuale. E così ora non parlerò di tutte queste sezioni, ma solo di...
Vignetta/strip di tipo religioso/politico
La satira ha sempre attaccato la religione, fin dai tempi dell’antica Grecia, ce l’avevano con la religione politeista, contro Zeus & C. La satira ridicolizzava sopratutto gli esponenti del culto. Nel medioevo, più che altro nel nord Europa, la Chiesa dovette sospendere gli spettacoli pubblici che si tenevano sul piazzale delle chiese perché erano degenerati (bellissimi esempi nelle storie “serie” dell’immenso François Bourgeon). Poi nel XVI secolo questo tipo di satira si sviluppa in modo evidente anche in Italia, come orpello alla satira burlesca e crassa del carnevale e della commedia del’arte.
Io non faccio satira religiosa, perché rispetto le fedi diversa dalla mia e anche chi non ha una fede. Trovo troppo personale, intimo dell’uomo, l’argomento religioso, per essere affrontato con troppa superficialità dai “satiri” di mestiere e non. Spesso è un tipo di satira ideologica, e io non sopporto la satira ideologica, neanche quella ideologica politica.
Ognuno ha la sua ideologia filosofico-politica-sociale del mondo, e trovo che fare satira di questo tipo sia troppo facile, è per chi non ha idee, o molto poche ;-) . Accetto certamente una satira sugli effetti negativi, le ricadute pericolose e mefitiche sugli aspetti sociali di una certa religione e una certa ideologia, ma non quella sui principi della religione stessa. O comunque, deve esser fatta in modo molto ironico, non aspro, ironico, all’inglese per intendersi, sottile. Accetto la satira pungente, a volte un po’ atroce ma sincera, del genio di Altan quando nel mitico Francesco – che non è né strip ne vignetta, ma un volume intero a fumetti - riesce a leggere con un “altro occhio”, non religioso, ma laicissimo, la vita del Santo per eccellenza, un occhio che analizza non tanto il personaggio, quanto la società del tempo, le brutture vecchie, simili a quelle attuali, le brutture dell’uomo che sono dietro ogni storia, pur edulcorata che sia. O il surreale che è dietro la sua mitica strisca Trino.
Beh, io credo che, se non si è Altan, o comunque non si è in grado di avere IDEE , soprattutto “idee di linguaggio”, è meglio lasciar perdere la satira su argomenti religiosi: spesso è come se un tipo che si è letto un solo libro di Schopenhauer o uno di Nietzsche o uno di Russel (scegliete voi), prova a fare alte discussioni di filosofia e semeiotica a tavola con Umberto Eco.
Dalle mie parti si dice: “lascia perde ch’è mmejo!”. Chi si affaccia alla satira religiosa, sia preparato in tutti i sensi, molto dal punto di vista culturale, altrimenti non sarà costruttivo ma solo cinico e distruttivo. Infatti, come dice giustamente Enrico Vaime, “la satira o è contro o non è”; è vero, la satira deve avere per forza un’azione vitale di controtendenza rispetto ai poteri dominanti, alle mode, al ben pensare etc., ma non deve ridurre il valore e il significato a mero strumento di contrasto, tanto per andare contro, per il solo gusto di attaccare, solo perché io la penso diversamente; deve invece indurre ad una riflessione etica e morale sul cattivo ed errato operato degli uomini e dei modi di fare.
La satira è una cosa seria. Jen Sorensen è una delle più quotate cartoonist del circuito alternativo americano. La sua striscia settimanale, disegnata fin dal 1998, si chiama Slowpoke, che in gergo indica una persona che prende la vita lentamente… come lei. Dice Jen: “Una buona vignetta o striscia satirica dovrebbe in realtà dire qualcosa, invece di scherzare solamente su quello che succede nell’attualità. I cartoonist migliori disegnano a partire da una prospettiva precisa. Io non mi oppongo indifferentemente a chiunque abbia una posizione di potere, ma solo se fa cose stupide”. È una lezione di stile ;-) (http://www.slowpokecomics.com). Eccola.
Un esempio attuale di satira religiosa è Jesus and Mo, la famosa striscia inglese di… Mohammed Jones (è solo il suo pseudonimo): va avanti dal novembre 2005 per due volte alla settimana sul suo sito www.jesusandmo.net.
I personaggi principali sono Jesus e Mo, rappresentazioni satiriche delle note figure religiose. Altro personaggio (c’è ma non si vede) è la barista di The Cock and Bull, il locale frequentato spesso da Jesus e Mo. I temi sono i più vari, fra questi, la critica dei dogmi religiosi e di alcuni aspetti del comportamento dei fedeli. Sono già uscite diverse raccolte delle sue strip. Guardatevi la prima strip della serie. Questa ve l’ho tradotta ;-)
Per la satira politica vale la stessa cosa. Disegnare Berlusconi con i tacchi e la banana in mano, caratterizzandolo come personaggio da “Commedia dell’Arte” ed evidenziando le sue deficienze fisico-estetiche non sarebbe sufficiente ad Altan se non condisse poi la sua vignetta con un gesto e una battuta molto piccante, spesso illuminante sul’operato fuori luogo (a dir poco) del “cavaliere”. Non si può fare una vignetta contro un politico B solo perché io la penso A. La faccio se vedo che la politica di B va contro un tipo di società di valori umani e sociali come la intendo io. Io credo fermamente che un cartoonist deve essere una persona di profilo etico e morale, pur con le sue imperfezioni e debolezze umane, e se fa satira, oltre che divertirsi ed affermare il suo essere, è perché crede che le cose possano andar meglio.
Vittorio Giardino dice: “… Non mi interessa limitarmi a demonizzare l’avversario, individuare chi è il “cattivo”, che è una spiegazione bella, semplice, ma spesso falsa. Bisogna capire le ragioni dei “cattivi”, non per rivalutarli ma per comprendere perché hanno fatto certe cose e per aiutarci ad interpretare la realtà”.
E d’altronde negli USA ci sono fondamentalmente due generi di vignette/strip politiche: la tradizionale vignetta, chiamata editorial cartoon, che appare nei giornali principali, e le strip corte o lunghe (tipo fumetto, come dicevo nella lezione scorsa) che osano un po’ di più e che si trovano sui settimanali gratuiti nelle città, e online ovviamente. In pratica in America la nostra “vignetta/strip satirica” viene associata al “giornalismo”… come può e come, spesso, dovrebbe essere (e come dicevo la volta scorsa in relazione alla mostra su Galantara). Qui da noi il fenomeno è molto limitato e per tradizione negativa, e per la non tendenza al rischio dei nostri editori di quotidiani e riviste, e per la nostra tendenza di Italiani a considerare di nessun valore “serio” un articolo fatto di immagini e parole: un linguaggio chiaramente ostico agli italiani, da sempre.
Io, che ho da ragazzo la mentalità da giornalista, da colui che vuole informare, chiarire ciò che vede e su cui riflette giornalmente, quando faccio una vignetta preferisco quelle di tipo etico-sociale (che possono toccare anche la religione e la politica, ovvio), e mi pongo quindi possibilmente come un cartoonist americano che fa, appunto, “editorial cartoon”.
Certo, qualche volta mi rilasso anch’io (come vedete in alcune vignette che inserisco in queste lezioncine, quando devo fare la vignetta mentre sono impelagato in mille altre cose toste: e allora scelgo il gioco di parole, qualche metafora più immediata - non è sempre semplice, eh!), la prima battuta che mi viene in mente. Ma di solito cerco di fare sempre qualcosa che abbia almeno uno degli aspetti che possa essere definito “di qualità”.
Bene, ho detto anche troppo sull’argomento. Mi accorgo di aver scritto veramente tanto rispetto al solito. Spero di non avervi annoiato… poi magari quando esce il sole scriverò di meno ;-)
Vi lascio questo “cardinale” di Gian Lorenzo Bernini… siamo nel seicento.
Esercizio
Non vi ho dato esercizi… esercizio è stato già seguirmi fino in fondo. Grazie.
Ma un esercizio si potrebbe pure fare: cercate quello che ho detto fra le vignette/strip che vi capitano a tiro, classificatele secondo la mia scaletta iniziale e cercate di vedere se la vignetta politico/religiosa ha un impegno serio o no.
RC