Come si "confeziona" un soggetto di taglio professionale da sottoporre ai responsabili di una casa editrice?
Per cominciare, per quanto possa sembrare una nota di colore (ma non lo è) è indispensabile una accattivante veste grafica, che inviti alla lettura, priva di sbavature e di errori grammaticali. Quindi si dovrà adottare una battitura con spazio ai margini su tutti i lati del foglio, separare i paragrafi, scrivere il titolo al centro, sottolineato, usando possibilmente un computer e non la macchina da scrivere.
In una casa editrice dove arrivano ogni giorno decine di soggetti, è fondamentale non scoraggiare fin dal primo impatto il redattore che si prende la briga di leggerli. Sarà insomma fondamentale colpire favorevolmente fin dall'inizio chiunque leggerà lo script. Naturalmente nel caso di autori di una certa esperienza, il controllo sarà più superficiale e in alcuni casi i supervisori giungeranno a dare carta bianca nei fatti, concedendo fiducia alla professionalità già dimostrata in precedenza (i più navigati soggettisti bonelliani si limitano a volte a raccontare a voce la propria idea al curatore di testata, che l'approva o la discute senza neppure bisogno di un testo scritto - ma questo naturalmente è un punto di arrivo a cui non si può giungere senza essere partiti da quanto invece stiamo dicendo).
Di estrema importanza è che il soggetto sia chiaro e non lasci dubbi all'editor che dovrà esaminarlo. In altre parole: le motivazioni che muovono i personaggi devono essere le più logiche possibili. Altrimenti il lettore, e il supervisore prima di lui, si chiederanno perché mai qualcuno si comporti in un certo modo, se non ci sono spiegazioni. E per assurdo, le cose vanno spiegate di più e meglio al supervisore che al lettore, perché è il primo che deve accettare una storia, e se ha dei dubbi non la passerà. Forse l'autore che ha immaginato la sua storia ne ha ben nitido in mente lo svolgimento, ma magari chi la esamina non riesce a seguire gli avvenimenti in modo altrettanto lineare. Se l'esaminatore deve spesso fermarsi a chiedersi "perché?" oppure "questo che accidenti vuol dire?", c'è qualcosa che non va. Dunque occorre essere sicuri che non ci siano buchi narrativi, incertezze o passaggi lasciati al caso.
I fatti devono essere logicamente concatenati, e venire raccontati in modo tale da non far mai sorgere dubbi su quanto sta accadendo. I supervisori delle case editrici, di solito, sono giustamente fiscali e inflessibili sulla coerenza di ogni minimo elemento di una vicenda: i "perché" irrisolti provocano la bocciatura dei soggetti. Le storie, inoltre, devono essere costruite secondo un ritmo convincente. Le spiegazioni non possono venire date da lunghe chiacchierate che bloccano l'azione: così, il racconto è sbilanciato. Le spiegazioni devono essere scoperte man mano che il racconto progredisce, lasciando per ultimo il tassello finale che rende il tutto chiaro, ma non si devono vedere noiose scene in cui qualcuno spiega a lungo qualcosa a qualcun altro. Nel soggetto si deve raccontare solo ciò che accade, un fatto dopo l'altro, limitandosi però a quanto è realmente utile alla comprensione della vicenda.
Insomma, sarebbe inutile, anzi dannoso, descrivere le gag di Cico da inserire nelle storie di Zagor: sono particolari che verranno inseriti in sceneggiatura, sono accessori del plot, non elementi portanti. Meglio mettere a fuoco che cos'è veramente importante per la comprensione e per il logico sviluppo della vicenda e limitati all'essenziale. I particolari verranno dopo. Altri punti qualificanti a cui è oltremodo sensibile il supervisore di una collana seriale, come per esempio quelle dei personaggi bonelliani, sono la centralità della figura dell'eroe quale motore della vicenda, e il suo comportamento sempre vincente e convincente. I tempi lunghi e le ingenuità di certe vecchie storie, anche bonelliane, di venti o trenta anni fa oggi vanno dimenticati. Si pretende che la vicenda entri subito nel vivo, senza prolissità e temporeggiamenti. Non ci devono essere lunghe sequenze didascaliche o di solo chiacchiere; i personaggi devono sempre muoversi, agire, fare qualcosa. Se non si fa così, il lettore di oggi getta via il fumetto per accendere il computer e giocare con la Playstation, o naviga su Internet, o guarda la TV che offre film e telefilm a ogni ora e in straordinaria quantità.
Un tempo, quando l'offerta di fiction era molto più limitata, i tempi narrativi potevano essere più dilatati e si poteva contare su una maggiore pazienza del lettore prima di arrivare al nocciolo della questione. Nel Duemila, purtroppo o per fortuna, non è più così. Uno sceneggiatore deve rendersene conto e non può far finta di niente. Qualunque manuale di scrittura creativa insegna che per catturare l'attenzione del lettore bisogna che proprio l'inizio sia intrigante, che proprio lì si entri subito in medias res, che subito scatti il meccanismo narrativo che coinvolga il protagonista e renda interessante agli occhi del lettore il vedere come si sviluppano gli eventi. E in un fumetto come Zagor, dove lo Spirito con la Scure è appunto un eroe e non un "antieroe", bisogna che questi eventi siano molto drammatici e che il personaggio titolare di testata vi abbia un ruolo rilevante. Naturalmente questo elemento (quello della "centralità" dell'eroe e della necessità che ha di fare "bella figura") è fondamentale in Zagor, mentre magari è diverso, e meno importante, per Ken Parker o Dylan Dog, bisogna scrivere cum grano salis, sempre tenendo bene in vista le caratteristiche del personaggio di cui si intende scrivere un soggetto.
E' chiaro che le storie che si propongono devono calibrarsi sul personaggio che si vuol renderne protagonista (insomma, non si può proporre una storia erotica alla Walt Disney). Per "caratteristiche del personaggio" si intendono anche quelle caratteriali e di indole, per cui di fronte a certe difficoltà il nostro eroe dovrà sempre reagire così come il lettore, che lo conosce a volte meglio degli autori, si aspetta che reagisca. Un altro piccolo trucco ben noto agli sceneggiatori professionisti (di cinema, oltre che di fumetto) consiste nel non far descrivere da qualcuno la cattiveria di un tale, ma far sperimentare al protagonista (e dunque al lettore), quanto sia grande la cattiveria in questione. Più in generale, le cose (i "fatti") devono essere viste, e non raccontate, privilegiando sempre e comunque gli avvenimenti più spettacolari e drammatici rispetto agli accadimenti minimali e alle scene discorsive. E' importante soprattutto che non sia "minimale" la cosiddetta "posta in gioco", cioè il motivo per cui l'eroe lotta, combatte, rischia la vita.
Bisogna, infine, soffermarsi anche a pensare se ciò che stiamo immaginando come avvenimento della nostra storia possa essere effettivamente disegnato, o risultare efficace una volta disegnato: un conflitto "interiore", in un fumetto, soprattutto se d'avventura, difficilmente può essere ben raffigurato e men che mai tirato per le lunghe. Non si può neppure ignorare disinvoltamente la realtà storica in Zagor: non è stato così neppure ai tempi di Nolitta, meno che mai lo è adesso. E' vero, Nolitta faceva usare ai suoi personaggi armi automatiche inesistenti nel 1820-1840 (periodo in cui, grossomodo, si può collocare l'epopea di Zagor), ma grazie a Dio a Darkwood (che si trova nel Nord-Est) non ci sono Apaches (abitanti nel Sud-Ovest) e in più occasioni Sergio Bonelli ha cercato di affrontare tematiche proprie di quella realtà spazio-temporale (le guerre Seminoles, i matrimoni misti fra Cherokee e bianchi, lo schiavismo, i rendez-vous dei trapper). Quelli comunque erano tempi diversi, dove gli sforzi di Nolitta per rispettare la Storia, pur lodevoli, non erano fondamentali. Oggi, invece, pur senza snaturare le caratteristiche della serie, la casa editrice chiede agli sceneggiatori un grosso lavoro di documentazione. Documentazione significa anche aver letto attentamente tutta la saga del personaggio del quale si vorrebbero scrivere delle avventure, per evitare di proporre soggetti troppo simili a quelli di storie già pubblicate, o al contrario troppo in contrasto con quanto in precedenza si era visto e stabilito.
Solo dopo che è stato approvato, il soggetto viene tradotto in sceneggiatura, cioè viene trasformato da racconto in descrizione delle singole pagine (dette "tavole" in gergo tecnico) con le indicazioni per il disegnatore e il letterista. Ogni tavola sarà divisa in varie vignette o strisce, e per ognuna di queste lo sceneggiatore indicherà anche i dialoghi dei vari personaggi. Ma questa è un'altra storia. E soprattutto, è teoria: nella pratica lo so benissimo che anch'io, per primo, non ho sempre rispettato le regole che pretendo di insegnare.
Ecco, in allegato qui sotto, un esempio scelto fra quelli più brevi, del mio modo di scrivere soggetti. Così che chi vuole, possa davvero leggerlo dall'inizio alla fine riuscendo a capirci qualcosa anche senza aver letto gli albi di Zagor che ne sono venuti fuori. Si tratta della storia pubblicata sotto il titolo di "Giustizia sommaria", sugli Zagor Zenith 512 (dicembre 2003) e 523 (gennaio 2004), 136 tavole illustrate da Roberto D'Arcangelo. Non credo sia un'avventura particolarmente significativa, ma appunto per questo può servire meglio a dimostrare qual è lo standard di un racconto di "ordinaria amministrazione". In questo caso, dovendo far approvare il soggetto in redazione, ho scritto un testo abbastanza ben definito (a mio avviso, migliorato dallo sviluppo in sceneggiatura); oggi, scrivo delle tracce molto più essenziali dato che ho acquisito una certa autonomia. Buona lettura!
Moreno Burattini