Grafico di professione e fumettista "mancato", disegna nel "sempre meno" tempo libero o alla sera dopo il lavoro.
Ha un "pessimo" rapporto (così dice) con gli sceneggiatori, con gli editori e con qualunque altro fumettista in generale. E' un po' una "testa pazza", di difficile "gestione": ama stravolgere in corso d'opera le storie e sostituire le vignette, le inquadrature, i disegni delle realizzazioni che gli vengono affidate; ciò contribuisce fortemente a confermare il "pessimo" rapporto coi suddetti (sceneggiatori ed editori).
Scrive, disegna, impagina e stampa in autonomia i propri albi, è amante del fumetto amatoriale e delle fanzine. Si augura che tale "sotto-cultura" underground (quella delle fanzine) possa vivere presto una seconda epoca d'oro.
La sua passione per il disegno è nata quando da bambino disegnava i videogiochi che non poteva avere: guardava le copertine dietro le vetrine e i cabinati al bar, poi quando tornava a casa disegnava interi "livelli" che totalmente si inventava, andando oltre a quello che era il videogioco e facendo parlare i personaggi.
Per casa, grazie a suo padre, sono sempre girate riviste come "Lanciostory", "l'Eternauta", "il Grifo"; alle medie poi scoprì "Dylan Dog" e gli "X-Men", ma il primo vero pugno allo stomaco i fumetti glielo diedero all'età di 14 anni, quando un'amica di famiglia si dovette trasferire in Spagna e gli lasciò in custodia tre enormi scatoloni con dentro opere come: "Akira", "Appleseed", "Mondo Naif", "Ghost in the Shell", "Nausicaa", "Alita", "Il ritorno del cavaliere oscuro", "Sandman".
Il secondo pugno allo stomaco, il più devastante e sconvolgente, arrivò a 15 anni quando un suo compagno di classe gli prestò "Video Girl Ai".
Francesco vorrebbe scriversi da sé le proprie storie, ma escluso Players Magazine e un paio di avventure per piccoli editori non ha ancora realizzato molto...
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