Sciacquando i panni in Chjane

Riprendendo (e adattando) per l'occasione una celebre frase del Manzoni, il titolo di questo articolo dovrebbe riuscire bene a suggerire di cos'è che sto andando a parlare.

Innanzitutto però, concedetemelo, vorrei ringraziare la Edizioni Helicon, una piccola ma prestigiosa realtà dell'aretino, che ha saputo valorizzare al meglio il romanzo "Incontrando Igino - Renzino 1921", confezionando l'opera in modo sapiente e rendendola accattivante sotto ogni punto di vista, dalla grafica al lettering. Ringrazio oltremodo l'ANPI, l'assessora alla cultura di Foiano della Chiana Alice Gervasi e il funzionario della Biblioteca Comunale Andrea Vignini che il 12 di questo stesso mese di maggio hanno reso possibile una presentazione ricca, per me, di soddisfazioni. Ringrazio Radio Effe per l'anteprima di sabato 5 maggio 2018 nell'intervista di Francesca Scartoni al sottoscritto all'interno del programma "Parliamone" e tutte le persone che mi hanno aiutato (tra gli altri Mirco Draghi, fra i presenti il 12 di maggio, e il signor Italo Del Tongo, vitalissimo ultranovantenne) nonché la mia perseveranza, senza la quale non ce l'avrei mai fatta.

Ringrazio il personale dell'Ufficio Anagrafe di Foiano della Chiana, che con pazienza si è adoperato nella ricerca di informazioni utili a definire le identità dei tanti protagonisti del libro.

Riguardo le mie visite in Anagrafe, un paio di circostanze voglio ora ricordare: la prima, ha a che fare con l'esigenza che avevo di proporre al lettore in modo chiaro il ritratto di un giovane carabiniere e le condizioni che avevano (o che "avrebbero") influito sulla maturazione di una particolare personalità; chiesi così di eventuali bambine defunte nei giorni o nei mesi antecedenti a quei giorni di aprile dei quali stavo trattando: tanto per inserire un flash-back non direttamente collegato ai "fatti" che mi permettesse, però, di proporre morali profonde. La mortalità infantile era estremamente elevata a quei tempi e il nome che individuammo allora era il più significativo fra gli altri: quello della piccola Onesta della famiglia Petti, morta a soli nove giorni il 25 febbraio 1921. L'altra circostanza, invece, riguarda la madre di Luigi Giaccherini "Baiocco": la signora "Umiltà", della quale ripercorro nel libro l'incontro con alcuni fascisti.

Perché vi ho parlato proprio di questi due casi? Perché ritengo interessante l'aver potuto menzionare nomi così particolari all'interno del romanzo: "Onesta" e "Umiltà", che hanno forse contribuito a rendere l'idea - non propriamente vera - di essermi io rifatto, nello scrivere, a classici della letteratura come "AMORE E PSICHE" di Apuleio, per l'associazione significato/nome.

Ma ringrazio soprattutto la mia zia Altera, per la bella prefazione al libro.


L'Autore in compagnia di una giovanissima lettrice, sua nipote Chiara

Qual è il motivo che spinge alla produzione di un'opera così complessa? Non tanto l'esigenza di fare chiarezza su degli episodi, quelli dei "fatti" ("fatti di Renzino", ndr), ancora oggi controversi, dal momento che ritengo il fare chiarezza non sia esattamente compito di uno scrittore, al limite di uno storico, ma per cercare di diffondere quanto più possibile la memoria di un passato che fa parte non soltanto della storia locale, ma nazionale, in onore di quello spirito che da sempre contraddistingue un popolo "alla ricerca di una libera coscienza" (cit.).

Igino Milani era il padre di mio nonno. Alcuni dei testi da me consultati in biblioteca nella fase di studio facevano confusione addirittura su quale fosse il suo nome: i più lo chiamavano erroneamente "Gino". Tra gli altri, anche Gaetano Salvemini, storico, politico e antifascista, ha parlato di lui nel suo "Le origini del fascismo in Italia – Lezioni di Harvard", affibbiandogli quella che è forse la più bizzarra interpretazione del nome: "Cino Milani". E, comunque, di lui si sapeva poco: solo che era un sindacalista e che, per una ritorsione, il 18 aprile 1921 venne ucciso da alcuni fascisti. Io stesso, in principio, ero solamente a conoscenza che l'unico ricordo su di lui di mio nonno era un'immagine: l'averlo visto, da piccolo, in una occasione, in piedi su una sedia allo scopo di appendere un quadro. Particolare che - qui spoilero - ho, a mia modo, raccontato nel libro, ricostruendo il caso in collegamento con una notizia non da molto a me riportata dalla zia. A tal proposito, porsi ancora una domanda è stato importante: che tipo di quadro era, quello che il nonno rammentava nel ricordo di suo padre? Ecco, ora vi dico, dalla zia avevo saputo di episodi riguardanti un certo ritratto di Giacomo Matteotti, che Igino aveva a casa e che i figli, dopo la sua morte, negli anni del regime nascondevano ai fascisti durante le periodiche ispezioni passandosi la tela da stanza a stanza, da finestra a finestra, per non farla trovare. Verosimilmente, il quadro può essere lo stesso in entrambe le situazioni.

Al di là di Igino, però, l'incontro con lui (dal titolo "Incontrando Igino", ndr) è emblematicamente l'incontro con l'intera sua Valdichiana, con i moti contadini, con il rinnovo del patto agrario, con gli scioperi contro il caroviveri, con le famiglie coloniche, con il suo tempo.

Lunghi periodi di studio si sono resi necessari per la ricostruzione dettagliata degli episodi portanti, per rimanere il più possibile fedele alla verità storica dei fatti e per poter inserire riferimenti ad hoc sulla "Belle Époque", sul "Movimento Futurista" e quant'altro, riportando anche citazioni di contemporanei come Ungaretti per rendere il racconto facilmente collocabile nel relativo scenario (politico/sociale) nazionale e nel relativo periodo di appartenenza. Opportune parentesi mi hanno dato modo di parlare poi anche della storia di Foiano e dell'intera vallata, dalla bonifica alla venuta di Napoleone e al "Viva Maria".

Per quanto riguarda le parti descrittive, parlando di ambiente e di territorio mi sono dovuto interessare di botanica e di agraria. Tanto per fare un esempio, dopo essermi iscritto a gruppi facebook di appassionati e di esperti del settore, postando una fotografia scattata alle mura di cinta del paese nel periodo di aprile di un paio di anni fa, sono venuto a sapere che tra le erbe nate per i pollini portati dalla campagna con il vento c'erano la parietaria, il grespino sfrangiato (o "crespino"), l'orzo murino e il trifoglio. La numismatica, poi, mi ha dato la possibilità di conoscere meglio le monete e quanto queste valessero a quei tempi; ma c'è di più: si parla - a grandi linee - anche di eclissi, di fasi lunari e dell'ora legale. Della storia e del tempo.

Preziosamente mi è avvalsa la consultazione di un'enciclopedia (cartacea) sulla caccia, che mi ha permesso di capire qualche cosa in più sulle fasi migratorie, sul passo e il ripasso degli uccelli e che mi ha permesso di introdurre con altra parte descrittiva alcuni personaggi, in un capitolo, che, fucili al braccio, con i cani stavano nei campi a cercare quaglie.

Ancora più complesso è stato il riuscire ad arricchire il racconto con particolari per me di difficile "masticazione" (io che non ha fatto neanche il militare): la balistica terminale, quella branca della balistica che studia le interazioni fra il proiettile e il bersaglio al momento dell'impatto, grazie a Wikipedia mi è servita per descrivere in maniera reale la scena dell'uccisione di Igino, morto ucciso con proiettili sparati da una Fiat-Revelli della Grande Guerra.


18 aprile 1921: i fascisti uccidono Igino Milani, disegno di Ezio Raspanti

Ma, tornando al titolo dell'articolo... com'è che parlavano i nostri avi? Com'è che potevo (o "dovevo") ricostruire i dialoghi fra i tanti personaggi del libro? In dialetto, va bene! Ma... quale dialetto? Il chianino.. o il chianaiolo? Sì, perché c'è differenza! Il chianino è (o "era") - per i linguisti - il "parlato" dei paesi dei territori che si trovano a sinistra del Canale Maestro della Chiana (a Foiano, quindi, e nei comuni di Marciano, di Lucignano, di Monte San Savino e nelle aree della vallata senese); il chianaiolo, invece, è (o "era") il "parlato" dei paesi dei territori che si trovano a destra del Canale. Ma questo non è tutto. Poniamoci qui un'altra domanda: quanto era "stretto", effettivamente, il dialetto dei foianesi di allora? Ho dovuto, per questo, trovare una sintesi, sicuramente non esatta ma verosimilmente reale che mi permettesse di essere credibile in tutte le conversazioni del testo, tenendo conto delle differenze linguistico-culturali tra contadini e paesani. Un gergo però sempre "alleggerito", per una lettura comprensibile a tutti, da traduzioni con note a fondo pagina.

Concludo l'intervento con un aneddoto non raccontato nel libro, all'esclusivo scopo di non esasperare contenuti non direttamente collegati ai "fatti"... ma pur significativo.

Riporto qui una nota su Tullio Tamburini, fascista pratese:

(«[...] Alla fine delle ostilità, tornò ad aver noie con la Giustizia: fu coinvolto, infatti, in un grosso scandalo; indagato per asportazione e vendita clandestina di materiali delle “Terre Occupate e Liberate” del Trentino, dell’Alto Adige, di Gorizia, di Trieste e dell’Istria per circostanze del tempo in cui, inviato a Vienna come addetto alla Commissione d’armistizio, ricopriva il ruolo di ufficiale del “Reparto Rastrellatori”. Della vicenda parlarono a lungo i giornali, ma il Tamburini venne assolto al processo in considerazione delle medaglie al valore. «[...] A quanto pare in camera sua fu trovata un’enormità di oggetti disparatissimi [...] - scrive Roberto Cantagalli nella sua "Storia del Fascismo fiorentino" -. Tutta quella strana chincaglieria di dubbio pregio [...] fu fatta passare per la patetica mania di un combattente collezionista di cimeli». E tra gli oggetti, furono trovate persino le campane di una chiesa [...].», estratto dal romanzo "Incontrando Igino - Renzino 1921")

Dico il vero: non ho avuto modo di accertare l'esattezza di alcune informazioni a me pervenute, portandomi sul posto, ma curioso è stato il constatare come alcune delle persone da me intervistate mi hanno informato su una "certa" storia che avrebbe a che fare con la campana della chiesa della Madonna delle Grazie di Renzino, quella stessa chiesa che ancora oggi si trova in prossimità della casa dalla quale il 17 aprile 1921 fu teso l'agguato contadino ai danni dei fascisti, per il quale fra questi ultimi si ebbero tre morti. La campana, riporterebbe ancora incisi i nomi di quelli che nella liturgia fascista vennero poi chiamati "martiri": Rossi, Roselli e Cinini. Ebbene, lo ammetto, non sono riuscito a trovare informazioni più precise riguardo l'anno del ritrovamento della campana di Tamburini ricordata dal Cantagalli, ma credo di non sbagliare se dico che i due casi sono in qualche modo collegati. Indagheranno probabilmente altri: io il mio lavoro l'ho fatto e... scusate se rischio di sembrare presuntuoso, ma ritengo di esser riuscito a portare a termine un'opera veramente di spessore.


L'Autore al firmacopia, presentazione del 12 maggio 2018 a Foiano della Chiana (AR)

Questo è quanto: il mio iter, il mio percorso o, almeno, una parte di esso.

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Emanuele Upini